-Capitano, muoviti, li senti i tuoni ?
-Li sento, li sento… ce la sto mettendo tutta, ma più veloce di così proprio non posso.
-Sbrigati, ci dobbiamo mettere subito al riparo…
-Ci provo… tu piuttosto, non aspettarmi eh… Và…scendi le scale e mettiti in salvo almeno…
-Ma ti pare che ti lascio solo, così, ad una decina di metri dal rifugio antiaereo ? Dai appoggiati alla mia spalla che in due ci arriviamo prima…
Ora bisogna dire, che i miei centocinquanta chili davvero non mi permettevano movimenti tanto lesti quanto sarebbe stato opportuno, e che i tuoni che si sentivano in lontananza, non erano avvisaglie di un imminente temporale, ma il rombo dei potentissimi aerei del nemico che avanzava nel cuore delle nostre difese. D’ altra parte anche Gregorj, il mio aiutante e fedele amico, non è che fosse tanto più agile di me, coi suoi centoventi chili e rotti di peso distribuiti su un metro e ottanta di altezza, ma perlomeno lui aveva la forza della paura. In quei frangenti, infatti, vagava con il viso sbiancato ed il tremorio di un sudore gelido che gli correva giù per la schiena, e tutto questo pareva che gli mettesse le ali ai piedi.
-Gli ultimi passi, capitano, ed è quasi fatta…
Davanti a noi si apriva il sottopassaggio che conduceva ai binari della metropolitana. Gli enormi gradoni di marmo scendevano sino al tunnel che ormai da cinque anni fungeva da rifugio per la nostra brigata.
-E’ fatta, è fatta
Disse Gregorj mentre riprendeva lentamente un colore più rosato.
Io non gli risposi finché non ci fu una decina di metri di cemento tra la mia testa e quel cielo ostile.
-Adesso si che è fatta, sergente… ora possiamo distenderci ed aspettare che questo frastuono finisca.
Di sopra il nemico si avventava su quello che rimaneva della città. Era l’ attacco di mezzogiorno, puntuale come al solito.
Il nostro efficientissimo servizio di intelligence, ci aveva informato che a condurlo era il grande generale Stturmovich, uno degli uomini più valenti del vecchio esercito repubblicano, nostro acerrimo nemico. Si diceva che Ilja Stturmovich avesse preso parte a più di duemila raid aerei dall’ inizio della guerra, e che fosse sempre lui, in persona, a guidare uno dei quattro aviogetto che spadroneggiavano sui cieli della città. Insomma, con tutte quelle missioni accumulate a soli trent’ anni di età, sembrava che il generale fosse una leggenda vivente, un eroe immortale. Ma chi dice che queste informazioni non fossero false, e venissero diffuse dallo stesso nemico per demoralizzarci? Si sa che il miglior modo per vincere una guerra è di alimentare il mito di essere guidati da grandi condottieri, cosicché anche il più fragile dei soldati abbia qualcuno in cui sperare e credere. Quello che è certo, comunque, è che Ilja avesse un vero e proprio debole per i Panettoni. Già, perché da più di due anni, da quando le riserve di armi convenzionali in possesso del fronte repubblicano, si erano esaurite, alle 12 esatte la città si ricopriva di una fitta coltre di profumatissimo zucchero a velo. E, giù dal cielo, cadevano come grossi chicchi di grandine fuori stagione, dei coloratissimi panettoni da un chilo e mezzo, semplici, con farcitura di crema, con marmellata di pesche, con delicatissime amarene, ripieni di trucioli di cioccolato bianco, o, ed erano quelli che io preferivo di gran lunga, farciti di soave mousse di cioccolato nero, con dentro scaglie di caffè appena tostato. Si diceva che fosse lo stesso Ilja a prepararli, insieme al suo cuoco di fiducia, un tale Jas Gawroskj, ma anche questa forse, è leggenda.
I rombi cessarono, e, quando fu passata un’oretta buona, spesa perlopiù a giocare a carte, o a sonnecchiare sulle panchine del metrò, il sergente mi si riavvicinò trepidante.
-A quest’ ora la nube di zucchero a velo si sarà dissolta.
-Si, ma ci sarà ancora quella profumata coltre di vaniglia nell’ aria, non arrischiamoci ad uscire, attendiamo ancora un pò.
Gregorj era impaziente di passare al contrattacco, lo conoscevo bene. Io invece mi sforzavo di agire con calma e nel pieno rispetto delle norme di sicurezza previste dal codice militare. Questo, certo, voleva dire aspettare un'altra ora, e lasciare che tutti i panettoni inesplosi ( che cioè non si erano sbriciolati nel contatto col suolo ) si raffreddassero perdendo quel delicato ed umido tepore che avevano appena sfornati. D’ altra parte, però, mi sarei rifatto ampiamente raccogliendone a più non posso, e portandomene dietro fino a cinque per braccio, una volta riemersi in superficie. Mi promettevo di mangiarli, ingordo, sulla strada che separava il nostro bunker di difesa dalla postazione della contraerea, dove c’ era l’ unico cannone rimasto alle nostre truppe.
-Questa guerra…
Disse Gregorj guardando la distesa di bignè alla crema e prussiane sparse sull’ asfalto dinnanzi al rifugio.
-Questa guerra ha preso davvero una brutta piega per noi…
-Già, io credo che moriremo tutti di colesterolo, com’ è nei loro piani…
-Ma non senza vendicarci…
-Certo… non senza combattere
Gregorj si mise a camminare e ogni tanto raccoglieva un bignè e se lo ficcava nella tasca della giacca. La panna sparsa dai bignè esplosi, rendeva la strada scivolosa ed insicura per il nostro peso. L’ ultima volta che ero caduto in battaglia, ero rimasto a rantolare per mezzora disteso a schiena in terra, cercando di rialzarmi in un mare colloso di confettura di albicocche. Era stato il giorno in cui Stturmovich, aveva tentato invano un attacco definitivo a base di strudel e sacher torte. Io ed il mio gruppo eravamo sopravvissuti con qualche difficoltà, più legata al terreno sdrucciolevole che alle calorie delle marmellate, perché, era noto che la frutta proprio non ci appassionava. Comunque, adesso, cercavo di muovermi molto lentamente per evitare di dover ripetere quella triste esperienza.
-Hai visto Gregorj, non è stato Stturmovich…
-Hai ragione… i bignè sono il marchio di fabbrica del generale Kruminskj…
-Che sia morto ?
-Non sarei così precipitoso, magari l’ hanno spostato all’ attacco dell’ ora di cena…
-Potrebbe essere…presto lo sapremo… ammesso che sopravvivano alla nostra controffensiva… piuttosto… hai fatto portare le casse di munizioni nella postazione d’ attacco ?
-Ci hanno pensato i soldati della diciassettesima fanteria … quei tre che son rimasti…
-Bene
Arrivati nei pressi del cannone, sollevai il panno di lino da una delle casse e presi un proiettile per verificarne la compattezza. Era soffice ed ancora tiepido.
-Sono pronti… sono stati sfornati da una mezz’oretta, ed ora sono davvero al massimo della loro potenza di fuoco.
-Fammi assaggiare
Disse Gregorj, che aveva già finita la sua razione di bignè lungo la strada.
-Perfetti…
-…
-Se solo avessimo ancora quella polvere di cacao, da spruzzarci sopra…
-Poco male, non sopravvivranno lo stesso…
La prima razione di zeppole di Sant Antonio, farcite di zuccherosa crema pasticciera, già sorvolava i cieli della città, diretta verso le postazioni del nemico: la nostra controffensiva era appena iniziata.
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