Chi frana siamo noi
Ischia 30-4-2006
Oggi un'isolotto di 30mila anime, piantato nel bel mezzo del golfo di Napoli, ospite di un ridente turismo termale, conta i suoi morti e lecca le sue ferite. La frana di una collina, il monte Vezzi, in una zona sabbiosa per questo nominata "arenella", ha portato con sè una casa ed il suo contenuto di speranze e di vite umane, 4 i cadaveri sinora rinvenuti. La abitazione ospitava una famiglia di 6 compenenti, i coniugi Migliaccio, con figli di 18, 14, 13 e 3 anni. Sono salvi la madre ed una figlia.
L' intera isola è attualmente coinvolta nel fronteggiare l' emergenza: le sirene delle ambulanze dell' ospedale, le macchine dei pompieri, il ronzare incessante degli elicotteri del 118, persino alcuni dipendenti comunali, coordinati dai membri della protezione civile, tentano di limitare i già ingenti danni. Alla prima frana, che ha sommerso l' abitazione dei Migliaccio, ne è seguita una seconda, che ha coinvolto e intrappolato i primi soccorsi ( un ambulanza ed un camion dei pompieri poi usciti illesi ) ed una terza. La zona, pertanto, è stata sgomberata, ed attualmente 150 persone sono rimaste senza dimora.
Al triste bolletino delle vittime, è doveroso aggiungere qualche breve considerazione. In quest' isola, nota per un turismo intenso e talvolta anche dal sostenuto livello sociale, sono bastati due giorni piovosi per finire in prima pagina a causa di una tragedia. La denominazione di Calamità naturale, con la quale ci si riferisce in genere ad eventi di questo tipo, è inesatta e fuorviante. Bisognerebbe parlare infatti di "Calamità Umana". 50 anni di piani regolatori inadeguati o mancanti, uniti al continuo ricorso ai condoni ( sopratutto in questa ultima legislatura ) ha reso quest' isola, un cantiere aperto, costellata di inopportune e precarie colate di cemento. Se dunque di "Calamità" bisogna parlare, è bene farlo a ragione. Perchè ad alimentare la calamità non sono state soltanto le pioggie della notte scorsa, bensì gli anni di incuria, di una amministrazione che preferiva alla legalità il privilegio, lasciando così in secondo piano la sicurezza e la tutela ambientale. La zona oggetto della frana in questione non è neanche una di quelle più popolate dell' isola, e non è certo una di quelle a più alto valore catastale, essendo vicina al deposito dei rifiuti comunali. Quindi questo non è il caso della costruzione in un luogo impervio e insicuro per mera speculazione edilizia, ma semmai la dimostrazione, che anche il diritto di molte famiglie a costruirsi la prima casa si è scontrato con la totale latitanza di regole. L' abusivismo si accompagna con la mancanza di rilievi geofisici, con l' incuria nei lavori edilizi, poichè le case spuntano in pochi giorni, a volte in una notte, e tutto questo và a scapito della sicurezza.
Il confronto con il passato è impietoso: in quelle stesse colline da duemila anni si dirama un imponente acquedotto di costruzione Romana, mentre una sola notte è bastata ad abbattere una semplice abitazione. Così capita che oggi, a rimanere intrappolate e morire sotto le macerie non siano state solo delle persone, per cui pure le lacrime e la rabbia non saranno mai abbastanza, ma la legalità stessa.