OF PYGMIES, PALMS AND PIRATES
Of pygmies, palms and pirates,
Of islands and lagoons,
Of blood-bespotted frigates,
Of crags and octoroons,
Of whales and broken bottles,
Of quicksands cold and grey,
Of ullages and dottles,
I have no more to say.
Of barley, corn and furrows,
Of farms and turf that heaves
Above such ghostly burrows
As twitch on summer eves
Of fallow-land and pasture,
Of skies both pink and grey,
I made my statement last year
And have no more to say.
Mervyn Peake ha scritto poesie, libri, ha illustrato i suoi lavori, ha dipinto quadri. Quella sopra è una poesia nonsense, che forse sfigura rispetto alle sue opere più famose, ma è comunque un buon modo di affrontare la minaccia aviaria incombente. Quanto a me, con il naso che sembra una fiamma ossidrica ed una montagna di fazzoletti che rotolano accanto ai tasti, poichè l' influenza mi ha reso incapace di pensieri propri che non siano accanite proteste contro Storace, Sirchia e tutto il sistema sanitario locale, uso questo spazio per parlarvi di un libro di Peake.
"Tito di Gormenghast" è un opera ambientata in un immenso castello medioevale, tanto grande che un ragazzotto di nome Tito, unico erede al trono, potrebbe nascere in una stanza, morire in un ' altra, non solo senza esser mai uscito, ma senza neppure aver visitato tutto il palazzo.
Il libro è pericolosamente invasivo, sono cinquecento pagine ma avrete la tentazione di arrestare le vostre funzioni vitali per leggerle tutte d' un fiato, ed ha la forza e l' ironia di "Cent' anni di Solitudine", ma anche atmsfere misteriose e più oscure. Il castello, poi, ospita un' universo compiuto in sè, popolato com'è da personaggi stavaganti e parenti misteriosi. La prosa di Peake, inoltre, ha una forza tale, che, anche nella traduzione italiana, vi sembrerà di assistere visivamente alle scene che via via si presentano.
In breve, leggere questo romanzo fa bene ala salute, ed io, spero che mi faccia passare il raffreddore.